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venerdì 10 gennaio 2020

Attesa che apre all'Amore


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!» (Marco 13, 33-37).

Avvento è il tempo dell'attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell'attesa e del desiderio. Attendere con tutto me stesso significa desiderare, «attendere è amare» (Simone Weil). Così io attendo un Signore che già vive e ama in me. Attendere  equivale a vivere. Un doppio rischio incombe su di noi: il «cuore indurito», secondo Isaia e quella che Gesù chiama «una vita addormentata» (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati). Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come «il furto dell'anima» nel nostro contesto culturale. Il furto della profondità, dell'attenzione, il vivere senza mistero.  Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce / rumore della vita (Sandro Penna). Io no, voglio vivere vigile. Vivere attenti è il nome dell'avvento. Vivere attese e attenzioni, due parole che derivano dalla medesima radice: tendere verso qualcosa, il muoversi del corpo e del cuore verso Qualcuno che già muove verso di te.
(Cfr.  Ermes Ronchi, Avvenire 27 novembre 2008).