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venerdì 24 gennaio 2020

Rimanete nel mio amore (Gv 15,9)


E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
(Gv 1,13)

Iniziamo con queste parole che sono un canto che unisce cielo e terra. E leggendo il Vangelo di oggi 19 gennaio sottolineiamo ciò che ci colpisce, come suggeriva il card. Martini per la Lectio divina:

Il giorno dopo [Giovanni], vedendo Gesù venire verso di lui, disse: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!  Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me".  Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele. Giovanni testimoniò dicendo: "Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui.  Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo".  E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio"(Gv 1,29-34).

Carissimi, questa è una notizia molto bella! Tutto è in  movimento in questo brano, tutto è in relazione! Ricordiamo che chi si lascia illuminare dalla Parola, cammina nella luce: Gesù viene, e l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Lettera ai Romani 5,5).

E nell’Apocalisse (3,20) Gesù sussurra: Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me.”  Ma attenzione! Gesù sta alla porta del nostro cuore e bussa, ma poi tutto dipende da un “se”: udire la sua voce e aprire la porta. Tutto il resto viene da sé, ed è indescrivibile!
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          Lunedì 17 febbraio ore 18 – Eremo in città: Cenacolo su La fede del centurione”: spazio per spunti di Lectio divina alla scuola del Card. Martini su Luca 7,1-10 e meditazione silenziosa. Via Pragelato 24/D – Torino. Aperto a tutti.

venerdì 10 gennaio 2020

Attesa che apre all'Amore


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!» (Marco 13, 33-37).

Avvento è il tempo dell'attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell'attesa e del desiderio. Attendere con tutto me stesso significa desiderare, «attendere è amare» (Simone Weil). Così io attendo un Signore che già vive e ama in me. Attendere  equivale a vivere. Un doppio rischio incombe su di noi: il «cuore indurito», secondo Isaia e quella che Gesù chiama «una vita addormentata» (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati). Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come «il furto dell'anima» nel nostro contesto culturale. Il furto della profondità, dell'attenzione, il vivere senza mistero.  Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce / rumore della vita (Sandro Penna). Io no, voglio vivere vigile. Vivere attenti è il nome dell'avvento. Vivere attese e attenzioni, due parole che derivano dalla medesima radice: tendere verso qualcosa, il muoversi del corpo e del cuore verso Qualcuno che già muove verso di te.
(Cfr.  Ermes Ronchi, Avvenire 27 novembre 2008).